Conformazione geologica
Valgoglio fa parte del Parco delle Orobie Bergamasche. È un parco montano forestale che, con una superficie di circa 70.000 ettari, rappresenta la più grande area ad elevata naturalità tra i parchi regionali lombardi; interessa il versante meridionale delle orobie, costituito da imponenti rilievi montuosi che si stagliano fino a oltre 3000 metri di altitudine; è regno delle aquile, degli stambecchi e di panorami mozzafiato.
La natura geologica divide il Parco in due settori separati da un sistema di fratture e scorrimenti conosciuto come ‘Linea insubrica’: verso nord si trovano rocce cristalline e metamorfiche, per lo più a reazione acida, mentre a sud sono rocce sedimetarie, carbonatiche e spesso carsicizzate.
Le origini del nome del paese
Il nome del Paese deriva dal torrente GOGLIO che lo attraversa e che sfocia nel fiume Serio nel territorio di Gromo.
La valle del Goglio è di origine glaciale risalente alla glaciazione quaternaria ed è racchiusa dalle cime del monte Madonnino, del Cabianca, del Pradella, del Pizzo Salina ed infi ne della Cima Bani.
Etimologicamente Goglio deriva da ‘GOI’ che in dialetto bergamasco sta ad indicare un corso d’acqua con gole e forre particolarmente profonde.
Dodici secoli di Storia
Il paese di Valgoglio, unitamente alle frazioni di Colarete e di Novazza, ha una storia con pochi eventi di rilievo, legati per lo più alle vicende della Val Seriana e del vicino comune di Gromo. Nel 774 il re dei Franchi, Carlo Magno, donò i territori dell'Alta Val Seriana, la Valle Camonica con i monti e le alpi dal Tonale e tutto l’Alto bergamasco, al Monastero di San Martino di Tours ed a quello di Saint Denis De Paris.
In questo periodo però molte furono le famiglie di Bergamo che occuparono i territori montani sfruttandone le miniere, e a Valgoglio risulta fosse presente la famiglia dei Della Crotta.
Solo nel 1026 l'Episcopato di Bergamo con il vescovo Ambrogio II se ne riappropriò in cambio di altri poderi, riservandosi il diritto sui ricavi della estrazione e lavorazione di argento e di ferro sicuramente presenti in valle, dando inizio a un periodo di gravi controversie tra il potere laico, rappresentato dal feudatario, e il potere ecclesiastico, rappresentato dal Vescovo.
Successivamente Valgoglio segue le vicende della Comunità di Ardesio che nel 1179 aveva ottenuto dal vescovo di Bergamo l’autonomia amministrativa con piena libertà di servirsi delle acque, dei forni e delle miniere di ferro e di argento esistenti a Valgoglio, con pieni diritti di pesca e di caccia soprattutto di orsi.
Più tardi Gromo, Valgoglio e Gandellino si staccarono da Ardesio formando comune autonomo con sede a Gromo fi no al 3 giugno 1246 quando si separarono dividendosi il territorio: a Valgoglio toccarono il monte Sanguigno e la Valparme, mentre la zona pianeggiante rimaneva in comune con diritto di pascolo.
La parrocchia di Valgoglio non era ancora nata anche se certamente da secoli esistevano le chiese di Santa Maria in località Corte e di San Pietro a Novazza. La parrocchia aveva sede a Gromo San Giacomo da cui Valgoglio si divise il 21 novembre 1461. Le motivazioni addotte per la richiesta di separazione furono: la notevole distanza da Gromo, un torrente da attraversare che durante le frequenti piene costituiva un pericolo mortale; l’accresciuta popolazione e l’insufficiente assistenza religiosa.
Il Vescovo di Bergamo Giovanni Barozio stabilì quindi:
“Dividiamo e separiamo le predette chiese di Santa Maria e di San Pietro e gli uomini e vicini delle contrade della Piazza, della Corte e di Novazza nella valle del Goglio dalla chiesa parrocchiale di Gromo San Giacomo ed erigiamo la chiesa di Santa Maria alle Corti in chiesa parrocchiale…”
Seguono le disposizioni per il trattamento economico del nuovo parroco e varie altre norme tra cui l’obbligo reciproco dei parroci di Gromo e di Valgoglio di invitarsi alle feste patronali.
Nel 1477 anche la chiesa di San Pietro di Novazza si staccò da Valgoglio e venne costituita una parrocchia autonoma. Dai registi conservati nell’archivio parrocchiale che risalgono al 1500 si hanno precise notizie della peste che infierì anche a Valgoglio dal 1631 al 1634.
Il 1° novembre 1666 una frana che lambì la frazione di Novazza distrusse gli opifici dalla frazione di Colarete fino a quelli sulla contrada del Goglio di Gromo, cambiando l'economia del paese, che dovette tornare a dedicarsi alla pastorizia, oltre a causare la piena del torrente Goglio.
La piena distrusse tutte le costruzioni lungo il corso del torrente, rovinando l’economia del paese basata allora sulla lavorazione del ferro: numerose fucine dove venivano forgiate armi, armature e corazze prodotte con in ferro estratto in Alta Valle, e dei magli, oltre ad una cartiera a Colarete e diverse abitazioni. Nel comune di Valgoglio veniva anche estratto argento presente nel sottosuolo con il quale venivano coniate le monete della zecca di Bergamo.
Molto più tardi si hanno notizie della terribile carestia del 1826 che provocò la morte di diverse persone e della Spagnola del 1918 che fece 27 vittime.
Di notevole rilevanza è stata anche l’attività di estrazione dell’ardesia dalla cava tutt’ora presente in località “Colaret” nella contrada Bonaldi. L’ardesia è un materiale molto resistente che fu utilizzato nella realizzazione dei tetti delle case e delle stalle; una volta rifatti questi ultimi, però, non essendoci ancora la strada per trasportare le ardesie a valle, non vi erano abbastanza acquirenti, di conseguenza l’attività fu interrotta tra il 1950 e il 1955.
L’economia del paese si basava anche sullo sfruttamento delle risorse agricole e forestali e soprattutto sull’allevamento. Il bestiame veniva portato in montagna dai mandriani – chiamati “bergamì” – durante i mesi estivi, mentre durante l’inverno si recavano a svernare nei paesi della “bassa”, soprattutto nel bresciano.
Anche l’industria idroelettrica fu ed è di fondamentale importanza per l’economia del paese di Valgoglio; all’inizio del secolo scorso furono costruite la centrale di Aviasco e le dighe dei cinque laghi artificiali localizzati sui monti circostanti. Grazie alla presenza di questi impianti idroelettrici, numerose persone del luogo trovarono impiego nelle centrali.
Recentemente, in una miniera dismessa nella frazione Novazza, sono state rinvenute modeste quantità di uranio, tanto da ipotizzare l'apertura di una miniera per l'estrazione di questo minerale da molti considerato pericoloso. Per questo motivo gran parte della popolazione, anche dei paesi circostanti, ha manifestato un forte dissenso, facendo rientrare il progetto.
Il paese tuttora vive grazie allo sfruttamento delle risorse che offre la natura, quali il turismo, l'industria idroelettrica e, in qualche caso, di pastorizia.